CESIRA POZZOLINI SICILIANI
Napoli e dintorni
Impressioni e ricordi
(1880)
*
UNA SETTIMANA A CASTELLAMMARE
I. Da Napoli a Castellammare
[...] ecco l'antico Sarno oggi povero d'acque; ecco lì taciturno lo scoglio di Rovigliano col suo vecchio castello ch'era un tempio pagano; ed ecco finalmente Castellammare,
Si scende in fretta dal convoglio, e in mezzo alla folla operosa che va e viene di continuo da Napoli per traffici e commerci, si veggon sempre molti forestieri, smilzi, diritti diritti, col plaid sul braccio, la brava Guida in mano, le lenti inforcate sul naso, il velo bianco o turchino avvoltato al cappello - distintivo de' viaggiatori.
Carrozzoni a due o tre cavalli e calessini a un asinello invadono il largo della stazione: e lì un gridìo continuo, voci confuse, un movimento, un fracasso, un trepestìo da non si dire.... I vetturini ritti a cassetta gesticolano, schiamazzano, schioccan la frusta e gridano:
- Andiamo a Sorrento !...
- Per Sorrento son qua !...
- Si parte subito !...
- Si torna qui per l'ultima corsa.
- A Quísisana !...
- Siam pronti!...
- Sorrento !...
- Quisisana !...
E come se tutto questo sbalordimento fosse poco, i servitori di piazza ti si mettono accanto, ti si appiccicano addosso, non ti lasciano più, si offrono d'accompagnarti al primo albergo, all'Hôtel Royal, all'Antica Stabia , alla Trattoria Toscana, all’Hôtel et Pension Anglaise, all'acqua sulfurea,
II. Il tramonto del sole
Chi nell'estate è solito cercar la quiete fra' monti, la pace sulle colline ridenti, la tranquillità lungo le spiagge del mare, la spensieratezza in mezzo a un paesaggio pittoresco, e spera vigore dai bagni salati, sanità dalle acque minerali, conforto in una ricca natura..... venga qua, venga alle falde del Gauro maestoso, ai piè del gran monte Sant'Angelo, in quest'ampio gomito orientale del golfo di Napoli, dove sulle rovine di Stabia, antichissirna città de' Campani, sorse la moderna Castellammare. Questa città prese nome di Castellammare da un castello edificato sopra uno scoglio proprio in mezzo alle acque per opera di Federico II nel secolo Xlll, castello che fu poi cinto di mura e di torri da Carlo I d'Angiò.
Dov'è nella stagione de' bagni soggiorno più delizioso di questo ?
Il paese guarda a tramontana e a ponente, e si specchia nelle tranquille onde cristalline d'un mare sempre azzurro. Alti monti lo proteggono alle spalle riparandolo da' cocenti raggi del sole di mezzogiorno. Il clima è temperato, le aure marine spirano perenni, e mille profumi esalano e si diffondono dagli aranceti che bruni e folti si estendono sulle circostanti colline.
Il golfo da questa parte si presenta così circoscritto entro linee determinate, che a un tratto rassomiglia quasi al Lago Maggiore là dove fra Stresa e Pallanza e Belgirate s'allarga libero fra monti altissimi.
A settentrione Castellammare s'allunga sotto l'antico convento di Pozzano fino alla punta del suo porto mercantile: il cantiere chiude l'orizzonte da quel lato, e poi in semicerchio giù giù, imponendo un limite al mare, fra nuovi casamenti e piazze ombreggiate la città si stende a ponente lungo la marina.
Una catena di monti a mezzogiorno digradando verso levante va perdendosi nella provincia d'Avellino. Più là s'erge imponente e isolato il Vesuvio ai cui piedi giace Pompei e biancheggia Torre Annunziata. Alle estreme falde del monte sterminatore Torre del Greco pare che, impaziente di specchiarsi nel mare, s'allunghi sulla punta acuminata di terra ch'ebbe nome di Capo d'Ercole e che oggi appellasi Capo Uncino; mentre al di là, ingannato dalla legge di prospettiva, l'occhio scorge subito i Granili tutti rossi, e poi l'immensa Napoli che si allunga fino alla punta di Posilipo. Di qui Nisida comparisce appena; e il Capo Miseno pare che stringa più che mai la curva a ponente. Il Monte di Procida e Procida sembrano ancora uniti fra loro. Picciolette s'affacciano all'orizzonte Ponza e Ventotene; mentre Ischia altera e superba del suo formidabile Epomeo, da ponente si estende verso settentrione quasi volesse stringere in un amplesso affettuoso quest'incantevole golfo.
Come immaginare un panorama più ricco, più capriccioso e più ridente di questo? E poi che tramonti, questi tramonti di Castellammare!
L'ora del giorno che muore qui non è malinconica, non infonde nell'anima certa arcana mestizia, come ti accade provare passeggiando la sera su per le pendici di Fiesole e di Pratolino, o affacciandoti alle terrazze di Monte Senario e girando l'occhio sulla sottoposta vallata del Mugello; ovvero contemplando le curve sinuose ed eleganti delle rive de laghi lombardi, o gli alpestri e scoscesi burroni della riviera di Genova. Il tramonto qui è un'altra cosa, e a ritrarlo non varrebbe fantasia di poeti nè pennello di artisti.
Il cielo con la sua limpidezza profonda, il mare azzurro, fosforescente, le nuvolette che si tingono delle più soavi sfumature, le isole che sembrano galleggiar come sirene
Se l'orizzonte è puro, se il mare è tranquillo, se il cielo è sereno, I' immenso disco solare, rosso come fiamma viva, spogliato dei suoi splendori abbarbaglianti si tuffa lento nel mare imporporando l'occidentale volta celeste; mentre le coste bizzarre e le vaghe isole dell'arcipelago partenopeo ora paion trasparenti, e ora, pigliando forma più spiccata, si presentano brune come ricoperte d'una superficie di solido granito. Se poi s'adagia nel suo letto di porpora circonfuso di nuvolette, un vivissimo color di croco si diffonde a sprazzi, e tutto rosseggia, tutto par che s'infiammi, e un immenso incendio par che si susciti all'estremo orizzonte occidentale, e lanci fiamme divoratrici per gli spazi sconfinati, mentre una striscia di fuoco, serpeggiando bizzarra sulle acque, si dilata ed effonde per I'aperto mare.
Che spettacolo! Non lo direste un incendio, un incendio spaventevole, un incendio provocato da un terribile sconvolgimento delle forze di natura?
Lungo la marina carrozzini tirati dagli asini e carrozze signorili con pariglie e livree, trottando avanti e indietro, anímano e rallegrano il pubblico passeggio offrendo gradito spettacolo ai pedoni che si affollano sui marciapiedi, e ai forestieri che seduti sui terrazzi e presso le balconate restano assorti nella contemplazione di quest'ora solenne e di questo panorama stupendo.
La folla qui c'impedisce il passo....
Che cosa c'è?
Su quattro pali hanno rizzato una piccola baracca, un casotto di burattini, un frammento infìnitesimo dei grandiosi anfiteatri della Grecia e del
Andiamo avanti....
Che cos' è questo fischio assordante, sgradevole, continuo?
è la macchinetta del teatro meccanico-prismatico, quel baraccone lì rizzato dirimpetto ai Bagnetti.
Con pochi soldi c'è da divertirsi, e tutta Castellammare rimane attonita innanzi a quei piccoli automi.
Avanti ancora. La strada della marina è tutta costeggiata da un viale, e lì che distesa di melloni d'acqua! che apparato di melloni di pane! che cumuli di grossi peperoni, diavolilli, pomidori, marangiane, frutta d'ogni specie, ceste piene d'ogni ben di Dio!...
- Come mai tanta roba a quest'ora?
- Quel che non s'è venduto oggi si venderà domani, e la gente veglia qui tutta la notte a guardia della mercanzia....
- Ma que' cocomeri tagliati, a metà e ben disposti in linea su quei carretti, come son rossi!.... Possibile rossi a quel modo ? saranno finti, saranno di carta trasparente, messi lì per richiamo....
- Tutt'altro! son veri, son freschi, son cocomeri di Castellammare, mi capite? più grossi e più gustosi di così non ce n'è. Costano pochi centesimi e nell'estate la povera gente che vive di melloni, è solita dire: Cu nu rano magno, vevo e me lavo la faccia...
- Quante cose cu nu rano!...
- E poi che ridere quando un mellonaro ritto là sul suo bancone in mezzo alla via, tra rami verdi e lampioni accesi, armata la destra d'un coltellaccío e sollevando per aria con la sinistra un bel cocomero grida a squaciagola per fermare la gente: - Castiellammiare! che maraviglia! Mo so benute da la rotta della neve, e so de fuoco!... Vidite, vidite, si avite uocchi!... è no sole che mo esce!... Otto ranella tutto, quatto ranella miezo, e chi lo magna ccà purzì tre grana... Fuoco! fuoco!... Vesuvio! Vesuvio!... è lu nfierno cu tutti li diavoli!..
Ma lasciamo il mellonaro e andiamo avanti. Eccoci presso alla Capitaneria del porto....
- Che cos' è quest'altro baraccone?
- Un teatro di legno: guardate che razza di cartelloni a caratteri cubitali!
- Che cosa rappresentano questa sera?
- Niente meno che l'Aida....
- L'Aida?... e dico poco!
La strada della marina è finita, e si entra nel cuore della città, nel vecchio Castellammare, un po' opprimente, chiuso, angusto e anche sudicio come un angolo di Napoli. Di giorno, e soprattutto nelle ore del mattino, Castellammare sembra davvero una strada di Napoli, vivace, rumorosa, allegra, assordante; ma di sera torna ad esser quello che veramente è, una piccola città di provincia.
Eccoci nella strada principale, dove si vedono i soliti carretti splendenti di lumi, simili a piccoli bazar anbulanti, con oggetti a quattro e cinque soldi il pezzo. Altri carretti son pieni anche qui di fichi d'India, bell'e disposti a tre a tre ne' soliti piattellini. Su quel banco si vendono tarallucci e zuccherini d'ogni specie accanto al carretto della fruttaiola. Come dev' essere stanca morta, povera donna! sempre in piedi dalle quattro di stamane, non può a meno di cedere alla forza imperiosa del sonno, e s'è buttata lì per terra com'un fagotto di cenci sudici, e se la dorme che non sentirebbe nemmeno una cannonata. Quell'altra invece, là dietro al suo banco, arzilla e chiacchierona, è tutta occupata a cuocere nel suo calderotto le cucuzzelle per mangiarle lì a terra co' suoi flgliuoli, mentre più in là quell'altra donna è intenta a friggere ciambelline di pasta, allo scoperto, e chi passa ne compra un soldo per confortare lo stomaco già pieno di fichi e di melloni. La povera gente qui com' è discreta!
Le botteghe tutte aperte sono il convegno di mille
E ormai che siamo arrivati sin qua, andiamo a bere un bicchiere d'acqua acidula alla sorgente di Acanfora e Cuomo. Che acqua! che acqua deliziosa, limpida, fresca, leggera da non invidiar I'acqua marcia di Roma; e come riconforta lo stomaco! Anche da Plinio fu lodata quest'acqua acidula, ed una iscrizione la ricorda a chi passa.
Torniamo a casa.
La musica è già finita, le strade son ormai deserte, silenziosi i pubblici giardini. Spalanchiamo la balconata, e diamo un altro saluto al mare prima di chiuder gli occhi al sonno. La luna in alto pudica e bella nel suo pallore naviga il firmamento, inonda di bianca luce tutta la costa. Che quiete solenne! Che silenzio!... Ma no, non tutti dormono: di là dal porto
Che cos'è?... è una serenata, una cena a bordo d'un vaporetto per la quale il Principe di Satriano ha mandato inviti sino a Napoli...
Quanti lumi, quanti fiori sopra coperta! e quante agili coppie s' inebriano nei vertiginosi giri d'un waltzer!...
IV. Gita sul Monte Gauro
Il sole è già bell'e levato.
Alziamoci dunque anche noi, andiamo sul Gauro, e dall'alto godiamo l'ampio orizzonte che ne circonda. Il carrozzino eccolo qua pronto, e il ciuccio vispo, rotondetto, bardato di tutto punto, con tre lunghe code di volpe, che gli ciondolano sotto gli orecchi e sotto la gola, sembra ben disposto a salire.
Si va su, si taglia a metà Castellammare, e si piglia per le Botteghelle, piccolo villaggio sulla via di Quisisana. Com' è erta e ripida questa strada che a zig-zag sale il monte! Ecco I'antico convento dei Francescani, surto sulle rovine d'un tempio pagano....
Si lascia la salita di Quisisana, e si prende a destra quella della Fratta.
Che bella passeggiata alle falde del Gauro! Il mare abbonito dentro i suoi angusti confini sembra placidamente addormentato ai piè dei monti che lo circoscrivono Laggiù nel piano, Scafati è nascosta ancora sotto un velo di nebbia. Nocera dei Pagani non si vede, e resta lì dietro i monti Lattarii su' quali biancheggiano ville amenissinie e i paeselli di Lettere e Gragnano.... Siamo alla Fratta, altro villaggio soprastante a Castellammare. Ecco qui gli avanzi grandiosi del Castello Angioino che si spingeva ardito nelle acque fìn là dove poi sugli antichi fondamenti fu fabbricata la Capitaneria del porto.
Che delizia di casinetti!... Tutti in mezzo a giardini e boschi di aranci guardano il golfo.... E che natura lussureggiante! Accanto al pino chiomato e al nodoso castagno vegetano rigogliosi I'inargentato ulivo, i fichi d'India, i nespoli del Giappone e la vite che in lunghi tralci sospesa agli olmi sostiene sfrondati i suoi grossi grappoli d'uve squisite.....
- Gesù e Madonna miracolosi?
- Miracolosissimi!... Entriamo in chiesa e facciamoci raccontare i miracoli da quel fraticello che è sulla porta.
V. Il Santuario di Pozzano: miracoli, feste e credenze religiose
Il modesto frate è lì compiacentissimo com'un dimostratore. Si soffia il naso, ci offre una presa di tabacco, e introducendoci in chiesa ci racconta il miracolo del Crocifisso.
- Correva l'anno 1631 e il Vesuvio durava da otto giorni a vomitar lava lanciando fiamme e fumo da oscurare sino i raggi del sole. Sbalordito, esterrefatto questo popolo si sottopone a severi digiuni, ricorre ad austere penitenze e spera conforto dalla religione. Il padre Bartolommeo Rosa, superiore di questo santuario di Pozzano, pensa in tanta calamità d'andare insieme co' suoi frati processionalmente al duomo della città, e quivi predicando esorta le turbe a confidare nell'aiuto di Dio. Il terrore non cessa, il pericolo è imminente.... Il giorno appresso il padre Bartolommeo tutto pieno di fede monta in pulpito, ricomincia a predicare, e a un tratto è rapito in un'estasi divina, è tutto assorto nella luce d'una visione misteriosa....
- E che cosa vede?....
- Vede Gesù che distaccato dalla croce galleggia in mezzo alle onde.... Vede che le ondate lo spingono verso la riva, vede che predilige Castellammare, anzi il santuario di Pozzano....
- E che cosa fa il padre Bartolommeo?
- Interrompe la predica, si prostra tutto commosso, piange, grida, impone al popolo di seguirlo,
- Che gran miracolo!... e poi?
- Cristo vien raccolto, vien portato solennemente nella sacrestia di Pozzano, e qui tuttora si conserva con gran divozione come simbolo di salute.
Il fraticello che con tanto calore e tanto fervore ci aveva fatto la storia del miracolo, ci fa vedere il Crocifisso miracoloso. L'intaglio è opera di buona mano; ma è sconosciuta la qualità del legno che servì a ritrarre crocifisso il Verbo incarnato; e anche questo, diceva lui, è un gran miracolo!
C' è da maravigliarsi se ogni anno tutta CasteIlammare e tutta la gente dei paesi vicini corrono a Pozzano alla gran festa del Crocifisso?
- Ma il santuario di Pozzano - ripiglia il fraticello - non è consacrato al Crocifisso, bensì alla Vergine Incoronata.
E qui un altro miracolo co' fiocchi....
- Questa Vergine - seguita a dire il frate - fu
- Una cisterna?....
- Sissignore.... Nei primi tempi del cristianesimo i neoflti si riunivano qui su questa punta di terra dove ora sorge la chiesa; e nel fervore delle preghiere s'adunavano intorno ad una tavola dove su drappo di seta, in istile greco e da incognito pennello, era pitturata la gran Madre di Dio. Ecco intanto i Saraceni, i quali invadendo queste contrade perseguitano a morte tutti i cristiani. I devoti di Pozzano voglion salvare dall'esterminio almeno I'immagine santa della Madonna, e la calano giù in fondo a una vecchia cisterna. Passano così quattrocento anni e più, quando una notte, nell'undecimo secolo, alcuni pescatori intenti a stender le reti, vedono su questa altura, proprio nel luogo dove poi venne fabbricata la chiesa, una fiamma.... una fiamma che arde senza mai consumarsi. Per più sere di seguito si rivede la medesima fiammella, ma i pescatori non ci badano. Ecco dunque la Vergine Santissima che appare ad essi, e ingiunge di riferire al vescovo come in quel luogo medesimo, entro un pozzo, sia nascosta la sua propria effigie....
- E che cosa fecero i pescatori?
- Quei pescatori corrono a dar la notizia al vescovo, e il vescovo, accompagnato da immenso stuolo di popolo, si reca sulla faccia del luogo. Tutti si danno a scavare nella cisterna prosciugata, ingombra di sassi, irta di rovi e di sterpi, e giù nel fondo trovano intatta e perfettamente conservata la Vergine di Pozzano quale ora si vede in quella Cappelletta tutta marmi preziosi a Lei consacrata....
Quanta fede nelle parole del povero fraticello!
Questo popolo ripone ogni fiducia nella sua Incoronata; e per le tante grazie ricevute si vedono appese intorno all'altare offerte e voti d'ogni genere, mascheroni, gambe, braccia, mani e mammelle di cera, vestiti interi, cappelli e scarpe, quadri e quadretti e perfino ciocche di capelli. E lì di fianco all'altar maggiore una scaletta di marmo mena giu in una cappella sotterranea dove esiste ancora la prodigiosa cisterna nella quale si conservò intatta per quattro secoli I'immagine della Madonna!
Quante memorie, quante credenze, e visioni e fantasie accumulate nella coscienza de' devoti, avvalorate dalla fede e consolidate col tempo nel sentimento religioso del popolo!
Ma usciamo di chiesa e fermiamoci sullo spalto che domina tutta Castellammare. Qui dov'era il tempio di Diana ecco una colonna, ecco una Croce simbolo di salute! Prendiamo la scorciatoia e scendiamo giù in città.
In quattro salti eccoci in piazza del Cantiere, al famoso stabilimento de' bagni minerali.
VI. Lo stabilimento dei bagni e le acque minerali
Nello stabilimento non è lecito entrare senza aver prima pagato un soldo d'ingresso.
Il medico è lì a vostra disposizione, e il direttore è pronto a consegnarvi una carta d'abbonamento per dieci bagni, da rinnovarsi sempre che v'aggrada. Allora voi siete padrone.... di tutte le acque e potrete berne quanto vi piace, e potrete passeggiare fin che volete, e andare su e giù per quel piccolo boschetto che è proprio sotto la montagna, la quale tagliata a picco si estolle altissima sul vostro capo.
Che frescolino di paradiso, in pieno meriggio, ai piè di questa montagna!
Dalle forti esalazioni di solfo e di ferro vi accorgete subito che proprio lì han da essere le sorgenti abbondanti e perenni delle acque minerali....
- Presto, presto, non c'è tempo da perdere! Qua un bicchier d'acqua media, intanto che la Luisella e la Marietta preparano e temperano il bagno....
- Guardate, guardate quante bianche molecole, quanti fiocchi candidi e leggieri galleggiano in questo bicchier d'acqua !
- Non c'è da spaventarsi: l'acqua è limpidissima, è freschissima.... son fiocchi di magnesia, molecole di sali....
- Ma, adagio, non bevete tutto d'un fiato; quest'acqua bisogna sorseggiarla, e magari frammischiarla con qualche taralluccio....
Chi per un verso, chi per un altro, tutti girellano qua e là, i più col bicchiere in una mano e co' tarallucci nell' altra, chiacchierano cogli amici, siedon nella sala o sotto il loggiato, e aspettano un altro po' di tempo per buttar giù un altro bicchiere della
Ma che ricchezza d'acqua! Le sorgenti sono l'una accanto all'altra, e pure scaturiscono diversissime. Una diresti esser la fonte, eppure vedi quante acque vengon fuori chimicamente diverse fra loro - la media, la sulfurea, la sulfureo-ferrata, la ferrata nuova, quella del Pozzillo.... e tutte poi confluiscono insieme per formar la così detta confluente che serve per i bagni.
Le acque minerali di Castellammare operano prodigi, e sono famose da tempo immemorabile. Plinio che morì qui asfissiato nell'eruzione del 79, Galeno che vivea nel 143, Aurelio Simmaco che fioriva nel 348, Cassiodoro sin dal 514 e mille altri, tutti ne parlano e celebrano la dolcezza di questo clima, l'eccellenza del latte e la virtù delle sorgenti minerali dell'antica Stabia.
Nè questo natural privilegio appartiene solamente a Castellammare. Qui intorno al golfo, specialmente presso Napoli, quante grotte con acque e vapori medicinali! quante polle termali e minerali e fanghi salutiferi, per moltissime ìnfermità! Telese, Santa Lucia, i Bagnoli, Pozzuoli, Casamicciola, Torre Annunziata, Castellammare... tutti questi luoghi racchiudono tesori di acque salutífere.
Che cosa ci manca ? Ciò che non manca a nessuno stabilimento balneario di Vichy, di Baden-Baden, di Aix-les-Bains, di Ragaz, di Wildbad. Qui
Il bagno non è tutta la cura quotidiana. Mentre là in mezzo al boschetto si girella aspettando la reazione e leggicchiando qualche giornale, è necessario bere un altro bicchiere della media. Ed eccoti un Gennariello, un guaglioncello bruno e sudicetto che per un soldo t'empie quanti bicchieri ne vuoi lì nel rivoletto che scorre placido e limpidissimo. Non far lo schizzinoso: non badare se tutti in quell'acqua che tu devi bere sciacquano boccie e bicchieri, e arrivano perfino a lavarvici le mani.... Tira via: chiudi un occhio, e magari chiudili tutt'e due.... bevi e consolati che I'acqua corre, e che la polla è perenne. Dàgli un altro soldo al guaglioncello, ed egli ti riempirà una bottiglia d'acqua ferrata da portare a casa per berla a pranzo mescolata col vino. Il che non toglie che tu possa mangiare il pesce freschissimo e squisito, e gl'iperbolici piatti di maccheroni al sughillo, e schiccherare una bottiglia dell'ottimo Gragnano.
Dormire dopo pranzo in questi paesi è una necessità; e poi sulle ventitrè fa' la tua passeggiata su e giù per il passeggio nel curricolo tirato dal vispo asinello, e rammentati prima d'andare a casa di bere un altro bicchiere di zurfegna nello Stabilimento. Potresti portartela a casa in bottiglia; ma quant'è più efficace attingerla lì alla sorgente su quegli strati di zolfo che biancheggiano sul letto del rivoletto! Hai per caso un po' d' imbarazzo allo stomaco? Bevi un bicchier d'acqua rossa, e non sarà altro. Hai bisogno di un po' d'acqua purgativa addirittura? Bevi quella del muraglione, e sta' sicuro del benefico effetto.
Nell'ultim'ora della sera t'aspetta la banda musicale là nel giardino tutto illuminato e allegro di gente: t'aspetta il convegno dei soliti amici al gran Caffè d'Europa: t'aspetta una barchetta comoda ed elegante che fa il giro del porto; e lungo la solitaria via della marina sino alla Stazione t'aspettano il dolce e monotono gemito delle onde e un soave e patetico chiaro di luna.
vii. Escursione a Lettere e Gragnano
- è giorno: alziamoci....
- No, è presto ancora.... alle 6 c’è tempo.
Ecco la Filomena, piccoletta, belloccia, grassoccina, entra in camera e spalanca la balconata...
Che incanto! che voluttà a questo fresco soavissimo, a quest'aure confortevoli e balsamiche contemplare dal capezzale la indefinita spianata di questo mare turchino come la volta del cielo, tranquillo come un lago, trasparente come un cristallo! Quante barche pescareccie tirano la rete! quante navi a gonfie vele salpano per Ischia e Sorrento!
Qua il caffè.... porgimi il caffè...
è proprio una delizia innanzi a così stupendo spettacolo sorseggiarne una tazza, non pensare a nulla, sognare a occhi aperti e pregustare le ineffabili dolcezze di un bene infinito...
- è l'ora, è l'ora: presto, il ciucciaro è giù che ci aspetta...
Ed eccoci in carrozzino un'altra volta.
- Per dove? al monte Coppola?
- No, a Lettere e Gragnano...
Castellammare a quest'ora mattutina è già tutta in moto. Ogni piazza sembra una fiera, ogni strada un mercato, tutti vendono, tutti comprano. Grandi barocci, enormi traini stracarichi quale di grano o di grosse balle di cotone, quale di grandi botti di vino ingombrano la piazza dell'orologio presso l'uffìcio doganale. Questi barocci lunghi lunghi sono tirati... figuratevi! da un manzo ch'è nel mezzo sotto le stanghe, da un asino ed un cavallo che gli stanno ai fìanchi. Vera fratellanza fra gli animali! Ma per chi non abbia l'occhio avvezzo a questo genere d'attacchi, bisogna confessare che essi destano meraviglia e ilarità. Non di rado avviene che il manzo, con quelle grandi e maestose corna che si rimpasta, urti a destra e cozzi a sinistra con poco gusto del
Eccoci alle falde de' monti Lattarii. Che be' monti!
Qui sorse I'antica Stabia; di qui si va a Lettere, piccolo villaggio boschereccio, e a Gragnano paese ricco e popoloso. La strada che vi mena è bella, e s' interna fra alte montagne amene e pittoresche.
Gragnano conta oltre 15000 abitanti; ma non chiedete se sia un paese pulito e bello. Benchè allegri e popolosi questi paesotti hanno tutta una fisonomia: strade anguste sudicie, tortuose e poco arieggiate; case povere per la massima parte dove una stanza a terreno è insieme camera, cucina, bottega, stalla, pollaio, luogo dove si fa il bucato, dove si tesse al telaio, e dove sull'uscio si vendono frutta, ortaggi e latticini. Più qua e più là c'è case pulite, comode, anzi grandi, con fiori sul terrazzo e fiori giù nel cortile interno; case signorili addirittura che rivelano l'agiata condizione del proprietario, ma che non bastano a dare gradevole apparenza a tutto un paese.
La ricchezza di Gragnano è il vino gagliardo e gustosissimo; ma l'industria principale ond'è famoso è quella delle paste e dei maccheroni. Chi non ha sentito parlare dei maccheroni di Gragnano? Fatevi una giratina per queste straducole, e non vedrete altro che maccheroni e paste, paste e maccheroni di tutte le forme, di tutte le grandezze, e di tutte le qualità, messe lì ad asciugare per terra su grandi coperte, su lunghi pali fuori le balconate, sulle terrazze, dinanzi alle case, dinanzi alle botteghe...
Il paesello di Lettere è poco più su, non lungí dalle rovine d'un vecchio castello che Alfonso I d'Aragona donò alla sua bella Lucrezia d'Alagni, e dov'è un colossale cipresso alla cui ombra si potrebbe accampare tutto un reggimento.
è un villaggio di pastori assai rinomato per la squisitezza de' suoi latticini. Chi può dire che l'antico nome di Lattari non venisse imposto a questi monti dall'eccellenza appunto del loro latte? Qui alle falde di questo colle e propriamente a Varano surse l'antica Stabia, quella Stabia che 89 anni avanti l'èra
- Come Pompei ?..
- Sì : Plinio allora trovavasi a Miseno comandante della flotta romana colà stanziata. Alla vista della spaventevole eruzione, che faceva sparire la costa di Resina e quella di Sorrento, accorre nel porto di Pompei sia per dare aiuto ai suoi soldati ivi distaccati, sia per aver agio di studiare il fenomeno sotto l'aspetto scientifico. L'incessante pioggia di sassi e di ceneri incandescenti vomitate dal Vesuvio, lo respingono; eppoi come avrebbe potuto approdare alla riva tutta ingombra di materie vulcaniche, all'improvviso rimasta scoperta sino al suo fondo per I'assorbimento del mare? Allora sbarca a Stabia; è ospite del suo amico Pomponiano, fa il suo bagno, cena tranquillamente, e va a dormire. Ad un tratto viene svegliato per correre su' monti, per fuggíre l'imminente pericolo, perchè anche il mare è in tempesta. Chiede acqua fresca, beve due volte, ed ecco che una densa nube di zolfo lo circonda, e lo soffoca!...
Così narra Plinio suo nipote, che alla partenza dello zio era rimasto a Miseno, donde fu costretto a fuggire per l'immensa cenere che in quell'occasione memorabile arrivò fino in Egitto e fino in Siria!.... Plinio il Giovane ne descrive la morte in due Epistole indirizzate al suo amico Tacito, lo storico, le quali offrono un quadro vivacissimo di quella
viii. La Villa Reale di Quisisana
Chi arrivato a Castellammare non cerca subito con l'occhio, a mezza costa del Gauro, la villa reale ? Chi attirato dal nome di Quisisana non sente vivo il desiderio di correre subito a vederla? Tutti
Ma, come accade di tutte le cose per le quali è grande la prevenzione, Quisisana come villa reale non risponde alla fama che gode. Essa fu costruita su' fondamenti d'una casa di Carlo II d'Angiò. Le storie narrano che il re Ladislao e la sorella Giovanna II vi dimorassero nel tempo che la peste infieriva a Napoli. Ferdinando I di Borbone rinnovò l'edifizio; e invece di Casa sana, come l' aveva detta Carlo II, volle chiamarla Quisisana, a cagione dell'aria balsamica che ridona come per incanto la perduta salute.
La strada che mena lassù, ampia, tortuosa, variata, pittoresca, bellissima, sopra al villaggio di Botteghelle è tutta ombreggiata da alti e fitti castagni, tutta coperta da querci antiche le quali maestosamente protendono i rami dall'una parte all'altra, e s'incrociano e s'attortigliano e s'intrecciano pazzamente lì nel mezzo della via formando una volta così compatta da negar quasi l'adito ai raggi del sole. Che ombra! che fresco! che vegetazione rigogliosa! Ville e casini dell'aristocrazia napoletana biancheggiano a destra e a sinistra in mezzo ai Ioro boschi d'olivi dal manto di argento, in mezzo ai loro boschetti d'aranci, in mezzo ai loro giardini di fiori e di frutti squisiti; e s'alzano ardite, e par che s'allunghino graziosamente per vedere il mare
S'apre un gran cancello, si percorre un bel viale, un viale diritto e tutto ombreggiato dalle solite querci, e per un altro cancello si entra nel giardino, si penetra nel parco. Il parco si estende su per il monte bellissimo, ben tagliato, ben tenuto. Quei sentieretti son tutti ameni, ed offrono vedute amenissime.
La villa non ha nulla di sontuoso, nulla di grande, nulla di regale. è un immenso fabbricato che gira su tre lati ad angoli retti. Ma per la sua posizione elevata gode un ampio panorama; e al primo piano dalla parte di settentrione e di ponente che guardano il mare, le stanze girano sopra un'immensa terrazza. Questa terrazza è la maraviglia delle meraviglie, e stando lassù si guarisce davvero da tutti i malanni fisici e morali. Per questa terrazza Quisisana è celebre, e per essa la fama risponde alla realtà. Il golfo si abbraccia intero con un'occhiata. L'aria sottile, confortevole, balsamica pei mille profumi che si diffondono da' sottostanti giardini allarga il polmone, ristora le forze e ingagliardisce la fibra. Che incanto, che linee, che profusione di tinte e di colori! E il mare sempre azzurro e sempre solcato da bianche striscie, e rallegrato da cento barchette che vanno e vengono, partono e arrivano; e la costa di Napoli con la miriade di paesi, e il Vesuvio, e Pompei.... la sepolta Pompei a piè del monte sterminatore che si ridesta dal sonno
Si lascia Quisisana con la fantasia esaltata, la mente serena, e nell'anima un'allegrezza indefinibile e infinita...
Oh! come passan rapidi, come volano i giorni a Castellammare nella stagione estiva! Fra' bagni misti e marini, e i bicchieroni d'acque minerali; tra le passeggiate a Vico, a Massa, a Sorrento, e le gite su' vaporetti del golfo; tra le serate placide sulla marina, e le feste, e gli amichevoli e geniali convegni protratti sino a tarda ora nel silenzio della notte
vassene il tempo e l’uom non se n’avvede!
SORRENTO
I. Da Castellammare a Sorrento
Nessun pensiero malinconico fra tanta letizia osa turbare la serena tranquillità dell'animo; e in
Eccoci in un bel carrozzone, un carrozzone comodissimo tirato da tre briosi cavalli. Si percorre Castellammare in tutta la sua lunghezza; si lascia indietro l'Arsenale, i Magazzini militari, il bel porto... e s'entra nell'ampia strada consolare.
è la strada più deliziosa del mondo e si percorre costeggiando la marina. A destra le acque placidissime scherzano in mille seni, o si frangono irate e spumanti agli scogli, o gemendo baciano la sponda; mentre dirupati monti, balze sassose e inaccessibili, colline dilettevoli popolate di ville ridenti, d'alte vigne a ghirlande e a festoni tra pioppo e pioppo, gremite d'ulivi e di frutteti e d'aranci sempre verdi fiancheggiano a sinistra la via che serpeggia per la costa settentrionale di quest'ultimo braccio di continente.
Il panorama che qui si dispiega allo sguardo è meraviglioso, stupendo.
Ecco a levante candida e lunga lunga uscir quasi dell'onde Castellammare sotto il suo gran monte Sant'Angelo. Lontanissimi come in fondo alla scena, tinti d'un colore azzurrognolo e violaceo, i monti appennini; que' monti che digradando a poco a poco vanno a perdersi laggiù nella provincia di Avellino. A' piè del Vesuvio che di qui giganteggia più che mai bruno e terribile, si stendono intrepidi sempre e l'un dall'altro divisi Torre Annunziata e Torre del Greco, e poi Resina e Porticí confusi insieme. A settentrione un caseggiato si prolunga, un caseggiato immenso - la bella Napoli che di qua sembra adagiarsi e stendersi vagamente su per le colline di Capodimonte, dell'Arenella, del Vomero, di Mergellina, di Posilipo. Oltre la punta di Posilipo appare il Capo Miseno. A ponente, schierate l’una dopo l’altra, le isole Procida e Ischia; e poi, lontane lontane, laggiù, all’estremo orizzonte, ecco l’antica Ponzia, I'antica Pandataria, ora Ventotene, e la Partenope dei Volsci - quell'isoletta memorabile, oggi chiamata Santo Stefano, ch’è lì pietoso ricordo di tanti martiri di libertà, e insieme vituperevole testimonio delle sevizie e atrocità della tirannide borbonica: di quella tirannia che quivi costumava spegnere gl’ingegni più nobili, mortificare gli animi più intemerati e generosi, i Napolitani più rispettabili, chiudendogli in compagnia di ladri e d'assassini entro le anguste mura di squallide prigioni, sol perchè desideravano l’unità della gran patria italiana!...
Ma che veduta, che quadro, che prospettiva! Eccola qui, è sempre la stessa per tutto il viaggio: sembra uno scenario fisso delle commedie greche, eppure non sei pago di contemplarla! Che singolari contrasti di luce! quanta ricchezza di tinte! qual varietà di sfumature! che abbondanza di linee!...
Eccoci a Vico Equense [...]
(Da: C. POZZOLINI SICILIANI, Napoli e dintorni. Impressioni e ricordi, Napoli, Morano, 1880, pp. 115-149. Per il commento e l'inquadramento relativi ai passi riportati, cfr., nella sez. Spigolature stabiane, G. CENTONZE, Una settimana a Castellammare con Cesira Pozzolini Siciliani )
(Fine)
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