GIUSEPPE CENTONZE
Gli asini di Gragnano sanno Lettere
(Gennaio-Febbraio 2010)
Un antichissimo detto napoletano,
fondato su un ambiguo e divertente bisticcio di parola (‘Lettere’ = il paese in
provincia di Napoli; ‘lettere’ = ‘studi umanistici’, ‘letteratura’,
‘erudizione’, ‘cultura’), suonava:
L'asene de Gragnano sanno lettere,
da poter intendere come ‘gli asini di Gragnano conoscono il paese Lettere’ e/o
come ‘gli asini di Gragnano conoscono le lettere, sono colti’.
Ne fu spiegato il senso nel Vocabolario delle parole del dialetto napoletano che piú si scostano dal
dialetto toscano, opera postuma di Ferdinando Galiani pubblicata con
aggiunte a Napoli nel 1789, sotto la voce
Lettere:
«Lettere. Luogo del Regno di
Napoli poco lontano da Gragnano in sito erto, dove non può andarsi altro, che a
piedi, o a cavallo ad asini, o muletti. Quindi il proverbio giocoso
L'asene
de Gragnano sanno lettere (Ciucc. cant. IV
st. 6.), scherzandosi sull'equivoco della voce, quasicché quegli asini potessero
contarsi tra' letterati».
Il riferimento era a Nicolò Lombardo, che, nell’Arragliata quarta della Ciucceide (1724) aveva fatto un’amabile descrizione di Lettere dove aveva immaginato, ‘ncopp’a la cimma dinto a no scarrupo, una stalla, ‘oracolo’ del vecchio Sileno, luogo molto frequentato dagli asini di Gragnano:
«Era pe cchesto tanto vesetato / che no’ nce stea chi no’ nce fosse juto / ogne mmese a lo mmanco, e cche portato / no’ nce avesse caccosa pe ttrebuto: / anze nfi’ a mmo scorda’ de lo ppassato / pare che no’ nse ponno; e nn’è bbenuto / ca pe nfi’ a oie (e nce porria scommettere) / ll’Asene de Gragnano sanno Lettere».
(Per questo era
tanto visitato, che non v’era alcuno che non vi fosse andato perlomeno ogni mese
e non avesse portato qualcosa in offerta: anzi pare che fino ad ora non riescano
a dimenticarsi del passato; e ne è conseguito che perfino oggi
—e ci potrei scommettere—
gli Asini di Gragnano sanno Lettere).
Ma il detto è piú antico.
Anche Giovanbattista Della Porta, nel terzo atto della commedia
Il moro (1607) lo fece pronunciare dal
pedante Amusio mentre dialogava con una diffidente Balia:
«BALIA:
Dico, se sapete lettere.
AMUSIO: Se gli Asini di Gragnano sanno
lettere, come non vuoi che le sappia io?».
Forse, per l’omofonia di
‘Lettere’ e ‘lettere’, s’era perduta tra i piú l’ambiguità dovuta al doppio
significato ed era stato privilegiato quello piú diffuso di ‘lettere’ =
‘cultura’.
In tal senso usò ancora la
locuzione Giulio Cesare Cortese e ci costruí un avventuroso racconto, l’«opera burlesca»
Li travagliuse ammure de Ciullo e Perna
(1621), in cui narrò la fantastica storia del giovane napoletano Ciullo, il
quale avrebbe voluto recarsi per mare a Castellammare e da lí salire sulle
alture di Gragnano, con l’intento di vedere i famosi asini che “sapevano
lettere”, e finí invece per trovarsi nelle piú impensabili situazioni.
Cosí sono descritti il singolare
proposito, da cui scaturiranno le disavventure del giovane curioso e
«desedderuso de mparare», e l’iniziale attuazione:
«accossí commo Appollonio fece tanto viaggio pe ausoliare li Gennosofiste, accossí isso, avenno ntiso, che l'Asene de Gragnano sapevano Lettere, desedderuso de mparare, avea fatto preposeto de passare a Castiello a Mare, e da llà saglire da li scarrupe de chelle Montagne, e ghire a bedere Asene de tanto stopore: che se Ammonio Alesantrino Felosofo appe p’audetore de la felosofia soja n'Aseno, non era gran cosa, che n'Aseno avesse p'ascotatore n'ommo; e accossí resoluto jonze a lo Mantracchio a tiempo, che s'era varata na varca pe ghire vierzo chillo luoco, dove fatto na mano de compremiente co chille, che l'aveano accompagnato fi dinto la varca, già che lo viento era frescolillo, e mentre correnno la varca li Marenare faceano colazione, Ciullo pe passà lo tiempo, cacciatose n'Apolejo da la saccocciola, se mese a lejere, e lejenno decea nfra se stisso: ecco che non è gran cosa che l'Asene de Gragnano sacciano lettere, se n’autro Aseno sappe tanto; e co chesto le cresceva lo golio, e le parea mill'anne d’arrevare nterra».
(come Apollonio fece un cosí grande viaggio per ascoltare i Gennosofisti, cosí
egli, avendo sentito che gli Asini di Gragnano sapevano Lettere, desideroso di
imparare, si era riproposto di passare a Castello a Mare, e da lí salire sui
dirupi di quelle montagne, e andare a vedere Asini di tanto stupore: se infatti
il filosofo Ammonio Alessandrino ebbe per uditore della sua filosofia un Asino,
non era gran cosa che un Asino avesse per ascoltatore un uomo; e cosí deciso
giunse al Mandracchio proprio quando era scesa in mare una barca per andare
verso quel luogo, dove dopo grandi complimenti con quelli
che l'avevano accompagnato fin dentro la barca, giàcché il vento era alquanto fresco, e
mentre correndo la barca i Marinai facevano colazione, Ciullo per passare il
tempo, tirato fuori un Apuleio dalla tasca, si mise a leggere, e leggendo diceva
fra sé e sé: ecco che non è gran cosa che gli Asini di Gragnano sappiano
lettere, se un altro Asino sa tanto; e con questo gli cresceva il desiderio, e
gli pareva mill'anni che arrivasse a terra).
Ma una tempesta improvvisa sbatté
furiosamente la barca fino a Ventotene e poi, non ancora finita la paura, si
avvicinò minacciosa una galeotta turca, il che fece precipitare tutti nel
terrore e spinse Ciullo a maledire la sua «coriosetate
bestiale»:
«Ciullo dall'auta banna mmardeceva la sciorta soja, e la coriosetate bestiale, che l'avea fatto ncappare a ste rotola scarze; e co parole da fare movere a piatate le prete de la via, deceva: o Ciullo sfortonato, potive stare commo a no Rre [...], e pe no crapiccio d'Aseno, vide dove sí arrevato? datte na vota, e levate; non senza causa l'Antiche pegnevano la coriosetate co no vestito arragamato d’aurecchie d'Aseno, pocca pe sentire despotà n'Aseno nce sí restato pe la capezza commo no bell’Aseno»
(Ciullo
dall'altra parte malediceva la sorte
sua e la curiosità bestiale, che l'aveva fatto incappare in questi impicci; e
con parole da far impietosire le pietre della strada, diceva: o Ciullo sfortunato, potevi stare
come un Re [...], e per
un
crapiccio d'Asino, vedi dove sei arrivato? falla finita; non
senza motivo gli Antichi dipingevano la curiosità con
un vestito ricamato d’orecchie d'Asino, poiché per sentire disputare un Asino ci
sei
restato per la cavezza come un bell’Asino).
La sorte volle che sopraggiungesse la
nave di un suo amico, Baccio, il quale ebbe il sopravvento sulla galeotta turca
e lo salvò, contento e meravigliato di trovarsi inaspettatamente di fronte a
lui.
«Baccio voze sentire da prenzipio a fine, perché s'era partuto Ciullo da Napole, e commo era ncappato a le bescate; e sentenno ca tutto l’era ntravenuto pe bedere l'Asene de Gragnano, che sapevano Lettere, respose: con te mmaravegliare che nce siano a Gragnano, perché pe tutto lo munno nce ne sò de tale Asene»
(Baccio volle sentire dal principio alla fine perché Ciullo era
partito da Napoli e come era incappato nell’impaniatura; e sentendo che tutto era
accaduto per vedere gli Asini di Gragnano, che sapevano Lettere, rispose: non
meravigliarti che ci siano a Gragnano, perché per tutto il mondo ci sono di tali
Asini).
La storia continua ..... ma senza che
Ciullo giungesse mai a Gragnano.
È invece davvero singolare quel che poi capitò allo stesso autore
del racconto.
Lo descrisse Carlo Celano in
Degli avanzi delle poste (1676), una raccolta di Lettere e di Ragguagli di
Parnaso composti ad imitazione del Boccalini, con l’intento di colpire o
deridere impostori, vanitosi e sciocchi e con un’attenzione particolare al mondo
dei letterati.
Nel Ragguaglio LI si racconta appunto che al Cortese, che leggeva in Parnaso Li travagliuse amure de Ciullo e Perna, un tedesco, colpito dalla storia degli asini di Gragnano che ‘sapevano lettere’, chiese se quanto letto fosse vero o se si trattasse di una favola poetica; e che il Cortese rispose per celia che era verissimo.
Il
prosieguo fu ancor piú paradossale e divertente:
«Il buon tedesco non solo la mandò giú con ogni gusto, ma presto col lapis la notò nel suo libro di memorie, per doverla registrare come la erudizione piú pellegrina e stravagante di quante ne scrisse Plinio nelle sue Storie naturali. Nella sera poi, trovandosi nell'anticamera della serenissima Clio, dove anco era il Berni e il Caporali, e discorrendosi di diverse erudite galanterie, disse: che in quel giorno haveva fatto acquisto d'una eruditione non intesa, né letta ancora in alcun libro, ed era, che in Gragnano gli Asini sapevano lettere. Il Berni, che era un lesto fantaccino, odorando la cosa, disse: E di questo lei si meraviglia? Si conosce, che ha rinunciato all'uso cosí utile del suo paese, di camminare il mondo, che è la piú grande ed erudita scuola a chi veramente vuol sapere. Se fusse stato da per tutto, non solo in Gragnano, ma anco in altre città famose, haverebbe veduto Asini di letter vestir la Toga e la Pretesta, sedere ne' tribunali, trattare lo scettro di Astrea e la spada di Marte; che piú? portar gli occhiali, sputar da filosofo, scatarrare da Politicone ... Stupito, il Tedesco disse: Mi faccia gratia dirmi se ragghiano qualche volta, come sogliono. Sí, rispose, ed allo spesso; ma lo fanno con tanto garbo, che pare piú tosto riso, che ragghiata. Ed, a verificare il suo dire, chiamò in testimonio il Caporali, il quale, con gran sodezza di volto, affermò che il tutto era vero; e tanto piú il Tedesco a queste relationi pensò di voler giovare alla sua Patria con introdurvi la razza di cosí virtuosi animali; che però andò da S. M. e gli chiese humilmente licenza di poter passare in Italia per comprare in Gragnano una quantità di quelli asini che sapevano lettere, per menarli nel suo paese, perché sarebbero stati di grand'utile. Apollo, che ben s'avvide della semplicità di quell'huomo e delle partite che gli erano state date: Non vi curate, disse, di farlo; contentatevi delli vostri buoni e semplici Animali, perchè non d'utile ma di gran nocumento sono alle Repubbliche, alli Regni ed alle Città gli asini che mostrano di saper lettere».
(Da «L'Opinione di Stabia», XIV 133 – Gen.-Feb. 2010, pp. 18-19).
(Fine)
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