GIUSEPPE CENTONZE
Castellammare descritta da Saverio Kambo
(Novembre-Dicembre 2009)
Nel 1927 il Touring Club Italiano contribuí al rilancio di Castellammare, che intendeva reagire con nuove idee e nuovi progetti al declino iniziato dopo il 1860 ed esploso nei primi decenni del Novecento, soprattutto dopo la prima guerra mondiale, per riprendersi il posto che le spettava tra i piú importanti centri di villeggiatura.
Lo fece ospitando due articoli sulle sue riviste illustrate mensili di geografia e turismo. Ora daremo spazio al primo di essi, di taglio piú letterario e sentimentale, apparso su «Le Vie d'Italia e dell'America Latina» di febbraio, con occhiello «Beltà e ricchezze d’Italia» e titolo Castellammare di Stabia, corredato di belle foto, firmato Saverio Kambo.
Francesco Saverio Kambo (1878-1933) fu uno scrittore romano oggi dimenticato, autore di novelle, opere teatrali e libretti d’opera (ne offrí continuamente, ma inutilmente, anche a Puccini). Scrisse anche di arte e di artisti come Mancini, di luoghi della campagna romana come Tuscolo e Grottaferrata e collaborò a giornali e riviste. Forse, le sue opere piú interessanti furono proprio le descrizioni dei luoghi e dei paesaggi a lui cari.
La prima parte dell’articolo rivela tutto il suo godimento e il suo entusiasmo per le bellezze luminose della cittadina (soprattutto per le ‘immense visioni’ che essa gli offrí e per l’«armonia ineffabile di cieli di boschi e di marine») e un’abilità descrittiva determinata da un occhio che ben conosceva la pittura di paesaggi:
«Nel limpido mattino
e cosí tèpido, che par d'essere a primavera, il mare delle sirene palpita lieve
alla brezza ed è tutto un lampeggio d'oro. Dal Capo d'Orlando alla punta di
Miseno un immenso arco del golfo ci sta dinnanzi; e solo le balze della
Ceppàrica, pènsili giardini digradanti al mare, c'impediscono di dominarlo per
intiero sino a Sorrento. Nell'armonia ineffabile di cieli di boschi e di marine,
Castellammare si adagia serena lungo il lido; o sale, in gruppi di bianchi
caseggiati, di eremi e di ville, su per le colline di Quisisana, a specchio di
acque nitide e calme come quelle di un lago. Sovrastano i monti d'un verde
intenso; e via via sul mare, oltre la cittadina, ecco l'isoletta di Rovigliano
con i resti del Castello aragonese, alla foce del glauco Sarno; e l'industre
Torre Annunziata; e Torre del Greco, celebre per le sue pesche ed industrie del
corallo; e Portici; e San Giovanni a Teduccio; e la divina Partenope sino a
Posillipo; e il Golfo di Pozzuoli; e Baia e Miseno a cui Virgilio diè il canto.
Dinnanzi, diafane,
come le isole del sogno, Ischia, Procida, Nisida. E su tutto, dominatore, il
fatale Vesuvio con sparsi intorno, per le pendici ancor verdi o nel florido
piano, altri paesi e ville, taluni d'insigne fama: le due Pompei, la pagana che
fu e la cristiana che trionfa; Boscoreale, Boscotrecase, Resina, Ercolano, San
Giorgio a Cremano.
Se poi, oltre
Quisisana, per facili vie fra densi boschi, saliamo al Còppola e al Pèndolo, o,
ancor piú su, pel Piano di Faíto, al Monte S. Angelo, allora tutta la Campania
felice ci si spiegherà dinnanzi, cinta dagli Appennini che par s'inseguano fra
loro sino a confondersi e a sfumare nell'ultimo orizzonte. E immensa sarà la
visione del mare, dal Circèo alla Punta di Licosa, con i golfi di Gaeta, di
Napoli e di Salerno, e tutta la Penisola sorrentina e l'Isola delle Sirene:
Capri, spettacolo unico al mondo, in cui la bellezza, la leggenda e la storia si
fondono insieme a penetrarci il cuore; e vien quasi fatto d'inginocchiarsi per
ripetere, in quelle sublimi alture, con Santo Francesco: Laudato sie, mio
Signore!...».
Un breve accenno è fatto alla posizione felice di Castellammare, ben collegata coi piú rinomati luoghi turistici del golfo di Napoli:
«Castellammare dista
un'ora appena da Napoli per via di mare e di terra; ed i treni si susseguono
ogni ora, dal primo mattino sino a notte alta. La tranvia elettrica la congiunge
a Sorrento, per una strada che è fra le meraviglie del mondo. Rapide e frequenti
sono pure le comunicazioni con Capri, e, intorno intorno, molteplici e facili
gli accessi a luoghi interessanti e incantevoli: al Vesuvio, a Pompei, ad
Ercolano; al Santuario di Valle di Pompei, a Gragnano, ad Agèrola, al Monte
Faíto, al Sant'Angelo (donde la visione sarà di celestiale fulgore), ad Amalfi,
a Ravello, a tutte le cittadine e alle isole del Golfo divino».
La conclusione contiene ancora un elogio e un auspicio per la «limpida gemma» che «risplende e sempre piú splenderà» e una citazione dotta come saluto, cioè la famosa e dibattuta frase scritta da Cicerone in una lettera a Marco Mario, interpretata nel senso che Marco Mario non avesse una casa a Stabia, ma che si godesse il bellissimo spettacolo del panorama di Stabia dalla sua camera in Pompei:
«Cosí Castellammare, per le sue virtú incomparabili, risplende e sempre piú splenderà, come limpida gemma, nel diadema glorioso d'Italia. E noi, ripigliando la via della Città tumultuosa pel quotidiano travaglio, dopo la sosta, che ci parve dileguare troppa rapida, salutiamo Castellammare con lo stesso nostalgico amore con cui, due millennî or sono, la invocava Cicerone. “Te beato - egli scriveva all'amico Marco Mario soggiornante a Pompei - te beato, che, da Pompei e dal tuo letto, puoi contemplare la visione stupenda di Stabia”!...».
(Da «L'Opinione di Stabia», XIII 132 – Nov.-Dic. 2009, pp. 18-19).
(Fine)
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