Stabiana (Iosephi Centonze Paginae)  ~  Homepage  Questioni stabiane

 

ANTONIO GARZYA

 

Stabia e i monti Lattari nell'antichità

(2007)

 

 

«Ai tempi dell’imperatrice Irene fu inviato a governare Benevento e Pavia il patrizio Narsete; reggeva allora Roma papa Zaccaria, un ateniese. Accadde che nella regione di Pavia scoppiassero delle guerre, e il patrizio Narsete spese per l’esercito i tributi riscossi per conto del tesoro imperiale senza poter inviare a Bisanzio la regolare entrata. Anzi, si giustificò cosí: “Poiché ho esaurito tutte le entrate di qui per le guerre scoppiate, sono io ad attendermi che mi si mandi del denaro, voi invece ne richiedete da me”. A ciò adiratasi, l’imperatrice Irene gli mandò un fuso ed una conocchia scrivendogli cosí: “Prendi, son questi gli attrezzi che ti si adattano: riteniamo giusto che tu fili piuttosto che far l’uomo d’arme e difendere e stare a capo e combattere per i Romani!”. Sentito ciò, Narsete rispose alla basilissa: “Tu mi giudichi adatto a filare e ad attorcer filo come una donna; bene: con fuso e conocchia ti filerò delle matasse tali che giammai i Romani, finché esistano, sapranno districarle”. In quel tempo i Langobardi erano stanziati in Pannonia, là dove ora vivono i Turchi. Il patrizio Narsete inviò loro tutt’un assortimento di frutta con questa dichiarazione: “Venite qui, a rendervi conto di questa terra che –come sta scritto– scorre latte e miele, bella piú che Iddio non ne ha un’altra; e se vi piacerà, stabilitevi in essa perché possiate benedirmi nei secoli dei secoli”. I Langobardi prestarono ascolto, si lasciaron convincere, presero le loro famiglie e vennero a Benevento». Cosí leggiamo nel De administrando imperio (27. 14-37 M) dell’imperatore Costantino VII Porfirogenito (905-959).

Questo passo, ben  noto agli studiosi, continua in lagnanze varie che qui è superfluo rilevare, ma è estremamente interessante ai fini della comprensione della psicologia bizantina nei riguardi dell’Italia, e in generale dell’Occidente. Si trova peraltro, fra mezzo molti luoghi consimili, quasi topici, la cui presenza occupa molti secoli a cominciare almeno dalle Res Rusticae di Varrone (I 2. 3-7: Agrasius: “Vos qui multas perambulastis terras, ecquam cultiorem Italia vidisti?”...Agrius: “Ego vero nullam arbitror esse quae tam tota sit culta”). Questa sera vogliamo soffermarci sulle Laudes Campaniae, con particolare riguardo alla regione stabiana.

La storia di Stabiae è tanto poco nota quanto quella di Pompei e di Ercolano. Come queste città, anche Stabiae soggiacque all’egemonia della piú potente Nocera, fino a quando la guerra sociale non provocò la disgregazione della lega. Ma già nell’estate successiva Stabiae fu conquistata e distrutta da Silla (89 d. C.). Il territorio passò a Nocera quale premio per la sua costante fedeltà alla causa di Roma. Vero è che di questa unione di Stabiae con Nocera non troviamo esplicita notizia in alcun luogo. Nel catalogo delle città compilato da Plinio manca soltanto Stabiae e in luogo di questa tra Pompei e Surrentum troviamo solo l’ager Nucerinus, che naturalmente può essere solo l’antico territorio di Stabiae; anche in Strabone, subito dopo Pompei, viene citato Surrentum. Come luogo di villeggiatura e stazione termale Stabiae ebbe presto una nuova fioritura. Plinio menziona l’aqua dimidia, come l’odierna acqua media, efficacissima contro i calcoli (NH. XXXI 2. 9: item in Stabiano quae dimidia vocatur calculis medetur); Columella (De re rust. X 1. 135) canta senz’altro Fontibus et Stabiae celebres. Ma particolarmente apprezzato è il latte del vicino Mons Lactarius (Monte di Lettere). Dopo la distruzione del 79 Stabiae, pare, non fu piú ricostruita nell’antico posto, ma un po’ piú a sud-ovest, sul mare, proprio dove oggi si trova Castellammare. Galeno (II d. C.) chiama Stabiae “luogo sul mare” (χωρίον ἐπὶ τῇ θαλάττῃ: med. V 12) e dà come distanza da qui al Monte di Lettere trenta stadi, cioè tre miglia, il che è esatto per Castellammare, mentre Lettere è lontana solo due miglia dal Monte S. Marco. Al Mons Lactarius (Lettere), che a oriente sovrasta l’antica Stabiae, ebbe luogo (cosí racconta Procopio di Cesarea) nel 553 la memorabile battaglia tra Narsete e Teia, che pose fine alla dominazione dei Goti in Italia. Lettere è sorta nel nord-est.

I Monti Lattari, a cavallo tra i golfi di Salerno e di Napoli, costituiscono l’ossatura della penisola sorrentino-amalfitana, come prolungamento dei monti Picentini dell’Appennino campano. La catena montuosa è delimitata a nord-ovest dal golfo di Napoli, a nord dalla pianura del fiume Sarno, ad est dalla piana di Cava dei Tirreni e a sud dal golfo di Salerno. I monti sono di formazione calcarea e raggiungono la massima elevazione nei 1444 metri del Monte S. Michele del complesso di Monte S. Angelo a Tre Pizzi, che comprende le cime di S. Michele, Monte di Mezzo e Monte Catiello. Al limite occidentale della catena montuosa è posto il Monte S. Costanzo, di 497 metri. A nord è posto il Monte Faito (1131 metri), raggiungibile con funivia da Castellammare di Stabia. Ad ovest è situato il Monte Cerreto (1316 metri), oltre il quale i monti si digradano verso est nel valico di Chiunzi. Proseguendo verso est i monti raggiungono i 1130 metri del Monte S. Angelo di Cava, che insieme al Monte Finestra  (1138 metri) ed al Monte dell’Avvocata (1014 metri) costituisce il margine orientale della catena montuosa, prima che questa digradi nella valle di Cava dei Tirreni e in quella del torrente Bonea, che sfocia nel golfo di Salerno a Vietri sul Mare. Come dimostrano le tracce trovate a Quisisana di Capri, già nel paleolitico inferiore la dorsale montuosa dei Monti Lattari (allora tutt’uno con Capri) era quantomeno frequentata dall’uomo. Le tracce di insediamenti si fanno poi certe per il mesolitico e il neolitico, epoche di cui hanno rivelato tracce numerose grotte, tra cui quelle di La Porta e Matera a Positano, delle Felci a Capri, di Nicolucci presso Sorrento e delle Noglie nella Baia di Ieranto (Livadie 1990). L’eneolitico è ben testimoniato dalla necropoli della Trinità, a Piano di Sorrento (Livadie 1990), mentre per l’età del bronzo si hanno segnalazioni a Tramonti e ad Agerola (Grotta di S. Barbara). Potrebbe risalire all’età del ferro la necropoli che venne fortunosamente in luce ad Agerola quando si fece lo sbancamento per costruire l’attuale campo sportivo S. Matteo.

Per le epoche piú recenti la parte piú montuosa dei Lattari ha restituito solo pochi rinvenimenti, come i livelli d’età ellenistica scavati a Polvica di Tramonti. Questi sembrano rivelare una presenza puntiforme nel territorio, forse legata ad uno sfruttamento delle risorse boschive ed all’allevamento ovino e bovino. Di recente uno degli autori (Cinque) ha rinvenuto frammenti ceramici di epoca ellenistica anche presso la chiesa di S. Maria la manna ad Agerola.

Per l’epoca imperiale le presenze si infittiscono con una serie di ville rustiche e piccole necropoli che, decisamente piú concentrate lungo il piedimonte settentrionale, indicano come anche i ripiani orografici della zona montuosa fossero sedi di insediamenti sparsi con piccole unità produttive  dedicate all’agricoltura ed alle attività silvo-pastorali. Nel frattempo, la ripida costa meridionale della dorsale vedeva sorgere alcune ville d’ozio (a Positano, Amalfi, Minori) ubicate sui piccoli ripiani alluvionali delle maggiori foci torrentizie.

Una grave crisi ambientale si protrasse per decenni di frane e colate alluvionali dovute all’instabilità del manto di pomici e ceneri da poco formatosi sui pendii. Il fatto però che Galeno, a cavallo tra II e III secolo, vanti la bontà del latte prodotto su questi monti fa pensare ad una rapida ripresa dell’ambiente e della frequentazione umana a scopi di allevamento e di pascolo. Ma certamente i primissimi secoli d. C. segnarono un notevole spopolamento ed il completo abbandono dei siti sulla costa meridionale, troppo esposti alle alluvioni post-eruttive.

Già fra il V ed il VI secolo, probabilmente ad opera di profughi dai decadenti ed insicuri municipi romani delle pianure campane (Gargano), alcune aree nascoste e pianeggianti dei Monti Lattari vedono sorgere dei veri e propri centri abitati, primo e piú importante dei quali fu Scala. Seguirono molti altri insediamenti, anche monastici, fra IX e X secolo, l’economia agraria riprese in pieno, la secolare vocazione per l’allevamento, soprattutto bovino, ricevette nuovo impulso.

Molti sono i sentieri da cui i Monti Lattari sono attraversati: essi partono dalla penisola sorrentina e, arrivando fino a Maiori, offrono a chi li percorre uno spettacolo unico ed imponente. Un tempo, quando le attuali strade rotabili non erano ancora state costruite, questi sentieri erano l’unica via percorribile per collegare da terra tutte le località della costiera amalfitana. I Monti Lattari offrono ai turisti non solo l’opportunità di scendere sulle coste, ma anche di addentrarsi verso i boschi di montagna, con un vasto numero di sentieri adatti a chi ama le escursioni.

Tanti sono gli itinerari suggeriti sui Monti Lattari, in particolare quello di Termini-Punta Campanella, dove si potranno ammirare le torri di difesa, come Torre Fossa, Torre di Mont’Alto, Torre di Recommone, Torre di Nerano, la Cappella di S. Antonio da Padova al Cantone, la chiesa di S. Tommaso Apostolo in Torca. Poi il Sentiero degli Dèi, che va dalla Caserma Forestale a Capo Muro, passando per Nocelle o per S. Maria del Castello.

Infine, l’itinerario di Valle delle Ferriere, spettacolare scenografia dei Monti Lattari con numerose  cascate e sorgenti come l’Acqua Vracciara, Acqua Fredda, Acqua del Vecite, Acqua del Pertuso, Acqua del Sambuco ed Acqua del Ceraso.

Galeno (Meth. Med. X 363 ss.) ricorda come dopo una sosta a Roma per pestilenza si mette sul fiume e poi in mare; dopo quattro giorni di navigazione egli giunge a Stabia, dove assume quel latte che ha qualità straordinarie e non senza ragione è celebrato e del quale è ora il momento di parlare: “Molti sono i fattori che raccomandano il latte stabiano: già il sito piuttosto elevato e poi l’aria circostante asciutta e salubre per il pascolo del bestiame. Del resto, si potrà ottenere un latte simile artificialmente, un latte, voglio dire, salubre ed astringente, se su una modica altura si piantano erbe ed arbusti atti allo scopo. Se è impossibile rendere simile in ogni cosa l’aria tutt’intorno, impossibile non è trascegliere quella piú simile: che goda cioè d’un’altitudine modesta e disti dal mare trenta stadi o poco piú. Tale possibile luogo sul mare, cioè Stabia, si vede nell’insenatura fra Sorrento e Napoli, ma di piú nel lato sorrentino. Questo lato del colle è abbastanza vasto e si protende in lunghezza verso il mare Tirreno, piega lievemente a occidente e non molto a settentrione. È aperto ai venti orientali.  Si congiunge nella parte bassa del colle un altro monte non piccolo detto dagli antichi Romani Ves(u)vio, il quale è esposto a ogni vento, l’inverno e d’estate e rende l’aria secca. Su tale monte crescono graminacee, il loto, il poligono, l’apiastro; come arbusti il lentisco, il rovo, l’edera, il citiso e simili. Fra gli animali abbondano i buoi, ma si menano al pascolo anche asini e capre, sí che si possa usufruire di varietà di latte, grasso quello bovino, sottile quello asinino, medio quello caprino. Si aggiunge il miele”.

In Galeno, come s’è visto, non si fa gran distinzione fra Stabiae e Lattari; e cosí è con la piú parte degli autori classici (Virgilio, Columella, Plinio il Vecchio, etc.) Piú preciso il Tardo Antico, come appare, ad esempio, da una bellissima epistola di Cassiodoro (var. XI 10), nella quale si consiglia a un alto funzionario (a. 533/537) di remedia Lactari montis expetere per curare varî malanni: “montis illius divina tribuerunt, ubi aeris salubritas cum pingua arvi fecunditate consensiens producit dulcissima qualitate conditas, quarum pastu vaccarum turba saginata lac tanta subtilitate conficit, ut quibus medicorum tot consilia nesciunt prodesse, solus videtur potus ille praestare, reddens pristino ordini resolutam passionibus vim naturae”. E poi continua dicendo che tanti armenti gravati di latte sono come miraculum, che il lac tam pingue ut haereat digitis etc etc.

 

 

 

 

(Relazione tenuta al Rotary Club Castellammare di Stabia, presso l'Hotel Stabia, il 12 giugno 2007,
in corso di pubblicazione sul Bollettino del Club).

 

(Fine)

 

 STABIANA (Iosephi Centonze Paginae)

 

 

 

per Stab...Ianus

Altre Questioni stabiane

Buon Viaggio con

STABIANA (http://www.stabiana.it) — © Copyright 1998-2009 Giuseppe Centonze, Castellammare di Stabia — Ultimo aggiornamento: 28 aprile 2009